Dissoluzione / by Alessandro de Leo

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Nei mesi di isolamento forzato non abbiamo avuto possibilità di scelta. Nessuna interazione fisica, rapporti sociali drasticamente ridimensionati, la finestra sul mondo è diventata per davvero una finestra. Volenti o nolenti.
La fase successiva è molto meno definita, a partire dalle sue varie denominazioni: fase 2, fase 3... Il maggior senso di indefinitezza lo viviamo nei rapporti sociali, nel lavoro, nella nostra identità.
Da quando ci è stato concesso d'aprire la porta di casa siamo stati accecati da una luce sconosciuta; tutto è indefinito, il nostro ruolo, il ruolo degli altri, la nostra stessa identità ne è compromessa. Gli occhi non si abituano a questa luce di cui siamo stati privati per mesi: è cambiata la luce o sono cambiati i nostri occhi?
Ci si è spalancato il mondo, un mondo nuovo e sconosciuto, col quale non sappiamo come interagire, come vivere, come abitare; i rapporti interpersonali sono permeati da un costante senso di incertezza, dal timore di poter arrecare e subire danno. Mostrare il proprio volto è diventato un gesto di estrema fiducia, un affidarsi totalmente all'altro, un gesto ancor più intimo di quanto potesse significare mostrarsi nudi.
Non sono ancora pronto a tutto questo, non riesco ancora ad aprire del tutto gli occhi, le mie pupille sono ancora troppo dilatate, abituate ai mesi di buio. So che il mio posto “deve” essere qui, in questa luce che mi acceca, ma è tutto troppo indefinito e pericoloso, voglio tornare al sicuro al buio.


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